• GASTROSCOPIA

    La gastroscopia è un’indagine che consiste nell’introduzione di un gastroscopio attraverso la bocca che permette l’osservazione diretta delle cavità dell’esofago, dello stomaco e del duodeno. Il gastroscopio è uno strumento flessibile di circa 8-12 mm di diametro, munito di una telecamera all’estremità.
    L’esame viene effettuato su pazienti a digiuno da almeno otto-dieci ore. Al paziente, in decubito laterale sinistro, viene introdotta in bocca la sonda, che viene poi spinta delicatamente in esofago, e da lì fatta scendere prima nello stomaco e poi nel duodeno; l’esame si completa con il ritiro della sonda, e la visualizzazione delle stesse strutture anatomiche. Attraverso un canale interno alla sonda è anche possibile il prelievo  di campioni bioptici di tessuti per effettuare esami istologici.
    L’esame è invasivo, ma sicuro e con una bassissima incidenza di complicanze (0,05% di morbilità, e meno di 0,006% di mortalità). La sua durata di esecuzione è breve (pochi minuti) e non è doloroso, anche se il naturale riflesso deglutitorio può portare a successive, leggere, irritazioni faringee; più frequentemente l’esame può causare fastidio, con nausea e conati di vomito a vuoto, significativamente riducibili previa una leggera sedazione cosciente (midazolam) e l’applicazione di anestetici topici in orofaringe (Xilocaina o Lidocaina).
    In alcuni casi (solitamente in presenza di significative problematiche nell’esecuzione dell’esame stesso, o di pazienti non collaboranti), e previa valutazione anestesiologica, la gastroscopia può essere eseguita anche in sedazione profonda (tramite somministrazione e.v. di propofol).L’esame può essere effettuato anche per via trans-nasale.
    L’indagine può essere anche operativa, infatti, grazie al gastroscopio e particolari accessori come anse, pinze coagulatori e strumenti per dissezione, si possono rimuovere pezzi di mucosa, lesioni precancerose e tumori maligni allo stadio iniziale. In tal caso è necessaria la sedazione profonda, e, trattandosi di veri e propri interventi mini invasivi il rischio di complicanze è più elevato rispetto alla sola indagine diagnostica .

  • COLONSCOPIA

    La colonscopia (o coloscopia) è un esame diagnostico volto ad esplorare le pareti interne del colon, per scoprire eventuali lesioni, ulcerazioni, occlusioni, masse tumorali. L’esame viene effettuato attraverso l’introduzione per via anale di una sonda, detta colonscopio, che ha un diametro da circa 11 mm a 13 mm.
    La sonda, munita di microcamera, mostra in tempo reale l’interno del colon. Per facilitare la penetrazione della sonda, il colon stesso viene dilatato insufflando aria all’interno, procedimento che può risultare in alcuni casi fastidioso e anche doloroso.
    Recentemente l’insufflazione di altri gas al posto dell’aria, come la CO2 , che viene rapidamente riassorbita nel sangue, ha migliorato le procedure endoscopiche rendendole più accettabili dal punto di vista del dolore, ed anche più sicure in caso di complicanze. L’indagine non è tollerata da tutti allo stesso modo, infatti precedenti interventi chirurgici, particolari conformazioni anatomiche o una particolare suscettibilità al dolore possono renderla davvero un’indagine dolorosa e difficile da accettare. Per tale motivo possono essere somministrati dei farmaci e sedativi, come il midazolam  nel caso della sedazione cosciente, oppure dei veri e propri ipnotici come il propofol nel caso della sedazione profonda, sotto controllo di un anestesista che monitorizza il paziente durante la procedura.
    La colonscopia è un importante strumento di prevenzione, che permette di individuare e, se necessario, rimuovere all’istante, dei tumori anche molto piccoli e in fase iniziale, impedendone lo sviluppo e la degenerazione.
    La colonscopia è consigliata come corretta attività di screening per tutti i soggetti a rischio: ad esempio per coloro che hanno familiarità con i tumori del colon; o comunque dopo i 50 anni, quando dall’esame delle feci si rileva la presenza di sangue, anche in tracce minime. Recentemente è stato dimostrato da studi osservazionali di lunga durata, che effettuare una colonscopia di screening riduce la mortalità per cancro del colon rispetto a chi non si sottopone all’indagine.
    Questo grazie a due meccanismi principali: la diagnosi precoce, cioè in uno stadio in cui il tumore può essere curato e quindi rimosso, e la rimozione delle lesione precancerose grazie a tecniche quali la polipectomia e la mucosectomia. Queste qualità la rendono l’indagine più efficace rispetto ad altre metodiche quali quelle radiologiche (rx clisma opaco, colonscopia virtuale) oppure rispetto alla videocapsula endoscopica.
    Lo svantaggio principale rispetto alle altre metodiche è che la colonscopia è soggetta ad un tasso di complicanze maggiore legato alla maggiore invasività della procedura. Non tutte le colonscopie sono uguali, infatti obiettivo principale dell’endoscopista dovrebbe essere di offrire un’indagine di elevata qualità, in quanto solo così si possono ottenere tutti i vantaggi delle metodica.
    La qualità dell’indagine dipende da vari fattori: dall’esperienza dell’operatore, dalla tecnica utilizzata, dalla dotazione tecnologica degli strumenti usati e, non ultimo, da una adeguata pulizia intestinale. Pertanto è fondamentale per quanto riguarda i pazienti, di attenersi scrupolosamente alle istruzioni fornite per l’assunzione dei lassativi affinchè un’indagine ad alta tecnologia con notevole impegno di diversi professionisti e da parte dei pazienti non sia vanificata da una pulizia non ottimale.

  • ECOENDOSCOPIA

    Ecoendoscopia

    L’ecoendoscopia (EUS)  è una metodica che combina la visione diretta dell’endoscopia digestiva con gli ultrasuoni. In pratica durante la stessa procedura si può effettuare un’ endoscopia tradizionale ed un’ ecografia intracavitaria.

    L’idea di applicare una piccola sonda ecografica sulla punta di un gastroscopio venne all’inizio degli anni ’80 al Prof. Di Magno, uno studioso italoamericano esperto di patologie pancreatiche, per meglio visualizzare quest’organo difficilmente esplorabile con l’ecografia tradizionale. I primi prototipi, usati poi per molti anni in seguito, erano strumenti a scansione radiale, generavano le onde sonore mediante sonde meccaniche, effettuando delle scansioni a 360° su di un asse perpendicolare allo strumento. In pratica è possibile ottenere delle immagini con delle sezioni simili a quelle della Tomografia Computerizzata con il vantaggio di portare la sonda molto vicina agli organi da studiare e quindi con un più elevato potere di risoluzione. Ciò permette pertanto di visualizzare bene il pancreas, la colecisti e le vie biliari, parte del fegato, il mediastino, il perineo ed alcune strutture vascolari, e, di avere un dettaglio sulla parete dell’intestino insuperato dalle altre metodiche radiologiche più moderne (T.C. e R.M.). Per tali caratteristiche l’ecoendoscopia è divenuta man mano che veniva utilizzata, la metodica più accurata per lo studio e la stadiazione loco-regionale preoperatoria delle neoplasie della parete intestinale (esofago, stomaco, duodeno e retto) e per l’identificazione e la stadiazione preoperatoria delle neoplasie pancreatiche. E’ inoltre una delle metodiche più accurate per lo studio delle vie biliari e della colecisti in particolare nell’identificazione dei calcoli. Più recentemente , inoltre, sta emergendo un ruolo rilevante per la stadiazione delle neoplasie polmonari.

    Il più recente sviluppo di sonde elettroniche ha permesso l’entrata in commercio di strumenti di nuova generazione con miglioramento dell’imaging e la possibilità di ulteriori applicazioni come il doppler, l’elastosonografia e l’utilizzo dei mezzi di contrasto. L’innovazione sicuramente più importante degli strumenti di nuova generazione è stata l’applicazione di sonde con scansione lineare poste sullo stesso asse dello strumento. Tali sonde permettono di seguire il tragitto di accessori che escono dal canale operativo degli ecoendoscopi con ad esempio gli aghi, permettendo il prelievo mediante agoaspirato od agobiopsia di formazioni di parete o extraparietali. Inoltre le caratteristiche dei nuovi strumenti con canale operativo di maggiori dimensioni stanno dando impulso a procedure di tipo operativo come il drenaggio intraluminale di raccolte liquide, il blocco del plesso celiaco, il drenaggio delle vie biliari in caso di insuccesso della ERCP.

    Probabilmente il maggior limite della metodica è la difficoltà ed il lungo training necessario per poter divenire esperti nella metodica e poterne sfruttarne al massimo i vantaggi. Inoltre gli strumenti e gli accessori sono diversi dagli altri strumenti endoscopici, ed è necessario anche uno specifico addestramento del personale infermieristico.

    Indicazioni all’ecoendoscopia

    stadiazione locoregionale delle neoplasie del tubo digerente (carcinoma esofageo, carcinoma e linfoma gastrico, carcinoma rettale). Dalla precisa stadiazione di queste neoplasie dipendono sia la prognosi, sia le scelte terapeutiche. Dopo aver escluso la presenza di metastasi a distanza (M del TNM) l’effettuazione dell’EUS consente un’accurata valutazione dell’infiltrazione parietale della neoplasia (T del TNM), non ottenibile con le altre metodiche oggi disponibili. La visualizzazione delle strutture che circondano il tubo digerente permette inoltre di sospettare la presenza di metastasi ai linfonodi locoregionali (N del TNM) e di effettuare su questi un prelievo citologico di conferma (FNA). Tale valutazione può rivelarsi utile anche per la verifica del down-staging dopo terapia neoadiuvante. L’affinamento della stadiazione delle neoplasie digestive consente di indirizzare ogni paziente alla terapia più appropriata, sia essa endoscopica, chirurgica, oncologica o palliativa; questo si traduce nell’esecuzione di interventi chirurgici solo nei pazienti operabili (minimizzando le toraco/laparotomie esplorative, per presenza di neoplasie troppo estese per ottenere una resezione radicale), riservando invece le cure palliative o oncologiche ai casi più avanzati.

    diagnosi differenziale delle lesioni sottoepiteliali del tubo digerente.

    In base all’aspetto ecografico ed allo strato parietale di origine è possibile presumere il tipo di formazione in esame (leiomioma, tumore stromale, tumore neuroendocrino, lipoma, pancreas ectopico, cisti, varice); nei casi dubbi la valutazione del segnale Doppler e l’esecuzione della FNA consente di ottenere una più accurata diagnosi differenziale.

    diagnosi differenziale delle lesioni solide pancreatiche

    (carcinoma, pancreatite cronica focale, tumore neuroendocrino, linfoma, metastasi) mediante valutazione ecografica e conferma citologica; stadiazione locoregionale (dopo aver escluso metastasi a distanza) nel caso di tumori maligni, per intraprendere una scelta tra chirurgia e palliazione.

    diagnosi differenziale delle lesioni cistiche pancreatiche (cistoadenoma sieroso, cistoadenoma mucinoso, cistoadenocarcinoma, tumore mucinoso papillare intraduttale, tumori neuroendocrini o metastasi con componente liquida, pseudocisti) mediante valutazione ecografica, citologica e biochimica; successiva valutazione delle indicazioni alla terapia chirurgica, endoscopica (drenaggio di pseudocisti) o al solo follow up.

    ricerca delle precoci alterazioni associate alla pancreatite cronica

    ricerca di calcoli nel coledoco anche di piccole dimensioni, soprattutto nel caso in cui, alla luce del quadro clinico, laboratoristico ed ecografico trans-addominale, la probabilità di tale patologia risulti non sufficientemente alta da giustificare l’immediata esecuzione di una ERCP (da effettuare solo con finalità terapeutiche).

    diagnosi e stadiazione locoregionale delle neoplasie della via biliare extraepatica

    con possibilità di effettuare una FNA di conferma, soprattutto dopo brushing transpapillare non diagnostico.

    stadiazione del carcinoma polmonare non a piccole cellule

    la visualizzazione e la possibilità di effettuare la FNA di linfonodi mediastinici (anche in stazioni non raggiungibili mediante broncoscopia) sta rendendo l’EUS uno strumento irrinunciabile per stabilire le decisioni terapeutiche da intraprendere, anche dopo radio-chemioterapia neoadiuvante. Il facile approccio al mediastino rende indicata l’EUS e la FNA anche nello studio delle linfoadenopatie di altra natura (TBC, sarcoidosi, linfoma di Hodgkin).

    ecoendoscopia operativa

    drenaggio di pseudocisti pancreatiche (procedura più facile e sicura rispetto a quella eseguita alla cieca) e blocco/neurolisi del plesso celiaco (per il dolore da pancreatite cronica e da carcinoma pancreatico).

  • ERCP (CPRE: Colangio Pancreatografia Retrograda Endoscopica)

    Tale procedura di tipo endoscopico, consiste nell’effettuare dei veri interventi diagnostico- operativi sulle via biliari e sul dotto pancreatico principale. In particolare  l’esame  avviene grazie all’utilizzo di un particolare endoscopio che ha una visione laterale e non frontale come i normali gastroscopi.
    Tale particolare angolatura permette si visualizzare adeguatamente la papilla di Vater (punto di sbocco delle vie biliari e del dotto pancreatico principale) posta in II porzione duodenale e permette, con l’ausilio di fili guida e particolari sonde di incannulare questi dotti.
    La successiva iniezione di contrasto e la combinazione con la metodica radiologica permettono di effettuare dei veri e propri esami diagnostici sulle vie biliari ed il pancreas. Grazie allo sviluppo della metodica e di accessori come lo “sfinterotomo” si possono effettuare delle vere e proprie procedure operative , come effettuare una piccola sezione della papilla di Vater per potere permettere l’estrazione di calcoli mediante cateteri a palloncino o cestelli, oppure il posizionamento di vere e proprie protesi per il drenaggio in caso di ostruzione.
    In realtà tale metodica non è esente da eventi avversi che sono: la pancreatite acuta (1.6-15.7%), l’emorragia, in particolare dopo la sfinterotomia (2-5%), la colangite (<1%), la colecistite (0.2-0.5%), complicazioni cardiopolmonari (1%), la perforazione (0.1-0.6%). Così come vi è anche un certa mortalità associata alla procedura che è stata riportata in tassi di circa 0.2% nelle CPRE diagnostiche  e fino a 0.4-0.6% in quelle operative.
    Lo sviluppo di alcune tecniche radiologiche come la Risonanza Magnetica e l’Ecoendoscopia che permettono una soddisfacente performance diagnostica ma con scarse complicanze e   mortalità praticamente assente, hanno relegato il ruolo della CPRE a metodica puramente operativa, riducendone di molto le indicazioni nel tempo